di Andrea Giustini
La firma apposta da AISA Impianti e Fraternita dei Laici, insieme a Coldiretti e Agrimacchine, al protocollo di utilizzo dell’ammendante “Amelia” sui terreni delle Tenute di Fraternita, non è stata semplicemente un “gesto formale”, burocratico. Piuttosto, come ha rimarcato il dott. Pier Luigi Rossi spiegandone l’importanza a chi era presente all’evento, un “atto di contemporaneità scientifica ed economica“. Di più: un’autentica e concreta azione in difesa del nostro territorio e dell’ambiente.
Tecnologia e industria aretine, rappresentate dalla partecipata pubblica AISA Impianti e Zero Spreco, hanno fatto rete con storia e tradizione locale, di cui la Fraternita dei Laici, fondata nel 1262, è alfiere da secoli. Il risultato è stato come “una stretta di mano” fra scienza e cultura per il bene di Arezzo e non solo, dando il via ad un “esperimento” scientifico ed economico che non ha precedenti nella nostra provincia, e che probabilmente è unico anche nel panorama nazionale. Cerchiamo di capirlo bene.
Il compost “Amelia”
L’ammentante compostato misto “Amelia” è un fertilizzante naturale a lento rilascio, che evita l’impiego di prodotti chimici in agricoltura e che aiuta i terreni a trattenere acqua, sali minerali, e tutte quelle sostanze organiche caratterizzate da proprietà agronomiche. Viene prodotto dagli scarti vegetali, come quelli di sfalci, potature, e dai rifiuti organici derivanti dalla raccolta differenziata, che giungono al polo di San Zeno e che lì vengono rivalorizzati nell’ottica di un sempre maggior recupero di energia, dando vita a un’economia circolare davvero funzionale ed efficiente.
Si potrebbe pensare: “Vabè, “Amelia” è un prodotto specifico per l’agricoltura, ha poco a che fare con me e la mia quotidianità“. Sbagliato. Intanto perché, in parte, questo compost è il risultato diretto di ciascuno di noi come cittadini di Arezzo: riflette ciò scegliamo di buttare nel cassonetto e soprattutto “il come” lo facciamo. Ma poi perché nutrire il terreno con sostanze naturali è oggi diventato decisivo per la nostra salute e il futuro del patrimonio territoriale-paesaggistico del nostro Paese.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA) oltre il 10% del territorio italiano è infatti a rischio desertificazione. Perché? Perché sta venendo sempre di più a mancare sostanza organica e minerale vitale per la terra. La microfauna che normalmente abita il sottosuolo ad esempio, dai lombrichi ai batteri, sta svanendo. Noi non ce ne rendiamo conto, ciascuno preso com’è dagli impegni quotidiani, anche perché la contemporaneità ha reso sempre più difficile vedere coi propri occhi quali sono le condizioni dei nostri terreni: non ci mettiamo più piede, letteralmente. Ma è ciò che, anno dopo anno, sta lentamente verificandosi. E purtroppo non è l’unico preoccupante fenomeno in atto.
A causa dell’uso massiccio di fertilizzanti chimici, e di uno sfruttamento smodato e intensivo, poco attento ai suoi bisogni, la nostra terra sta progressivamente perdendo la capacità di restituirci prodotti con un elevato valore nutrizionale. Cosa significa questo? Che quello che ci arriva in tavola e mangiamo, dalle verdure alla carne degli animali, è povero di quelle sostanze nutritive fondamentali per il buon funzionamento del nostro organismo. Succede quindi che dobbiamo sopperire in altri modi “artificiali”, ad esempio assumendo integratori. E’ da 50 anni che il declino del valore nutrizionale avanza inesorabilmente, e negli ambienti scientifici c’è molta preoccupazione a riguardo.
Per questo il Primo Rettore della Fraternita dei Laici, durante la conferenza stampa in presentazione del progetto con AISA impianti e Zero Spreco, ha parlato di “agricoltura rigenerativa”. «Quante volte sentiamo parlare dell’urgenza di “salvare l’ambiente”? Si può fare qualcosa? Sì! Qui abbiamo risparmio energetico, difesa ambientale, alimenti più nutrienti: è un passaggio reale all’azione. Perché non basta solo “parlare di salvare l’ambiente”. Del resto noi aretini siamo gente concreta: andiamo direttamente “al campo”, siamo nati tutti dalle zolle. “Amelia” e la sinergia creata ad Arezzo fra scienza, industria ed economia locale, potrebbero rappresentare un esempio anche per altri».
Gli studi su “Amelia”
Adesso si comincia a comprendere meglio l’importanza di “Amelia” e del protocollo firmato nei giorni scorsi presso la sede in Via Trento Trieste di AISA Impianti. Ma c’è dell’altro. Non basta semplicemente usare questo ammendante “aretino” sulla terra. E’ necessario anche monitorare attentamente quali sono i suoi effetti.
Per questo motivo il patto siglato prevede di produrre degli studi. Prima dell’utilizzo dell’ammentante verranno prelevati e analizzati campioni di terreno delle Tenute di Fraternita, ad esempio dove si trovano vigne e oliveti: ciò servirà per conoscere la situazione del suolo. Poi verrà impiegato “Amelia” e, passato il tempo previsto affinché sia efficace, verrà attuata una seconda analisi per verificare e registrare scientificamente i risultati, anche in termini di valore nutrizionale dei prodotti che vi sono cresciuti. A questo fine, il progetto prevede il coinvolgimento dell’Università degli Studi di Siena.
«Questo studio – ha dichiarato prima della firma Giacomo Cherici, presidente di AISA Impianti – servirà per vedere quali sono gli affetti dell’applicazione del “compost Amelia” a favore del nutrimento dei terreni. Perché? Perché nell’economia circolare ci deve essere un momento di inizio, di mezzo e di fine, e una convergenza fra di essi. Il processo va curato e studiato in ogni aspetto: dalla terra alla tavola».
Un altro passo verso il recupero di energia
L’utilità e i vantaggi di “Amelia” sono molteplici. Basti pensare che il suo costo si aggira attorno a un euro per tonnellata. Ma vanno inquadrati anche e soprattutto nel contesto del sistema che AISA Impianti e Zero Spreco stanno costruendo per il territorio di Arezzo. «Noi come AISA siamo i primi ad essere “anti-inceneritoristi” – ha detto il presidente Giacomo Cherici – ma anche i primi a sapere che i processi industriali necessitano di energia, soprattutto il processo di compostaggio. Si può comprare tale energia da chi già la vende, ad esempio in forma di gas o elettricità, per far maturare il compost nel processo. Oppure la si può produrre sul posto, a “chilometro zero”, utilizzando gli scarti della produzione stessa. E’ questo il nostro caso».
«Durante la recente crisi energetica, lo sappiamo tutti, i prezzi del metano sono aumentati a dismisura. Le altre impiantistiche di compostaggio che dovevano comprare il gas per il processo si sono trovate in seria difficoltà. Noi invece, grazie all’organizzazione differente rispetto al passato messa a punto, abbiamo la possibilità di produrre tutta l’energia che ci serve e anche di restituirla al territorio».
«Fra qualche settimana – ha anticipato il presidente di AISA Impianti – ci sarà anche un’altra “sorpresa”: verrà finalmente attivato il biodigestore. Inizierà così anche quel processo industriale che fornirà alla cittadinanza di Arezzo il biometano».