di Stefano Pezzola
La suprema Corte di Cassazione ha emesso l’ordinanza in data 29 settembre 2022 sul conflitto negativo di giurisdizione, iscritto al NGR 9654 del 2022, sollevato dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche, con ordinanza in data 11 aprile 2022.
Al seguente link file pdf della citata ordinanza in versione integrale (Suprema Corte di Cassazione n. 9654_2022).
“Al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”, il comma 1 dell’art. 4 ha imposto agli esercenti le professioni sanitarie che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali, l’obbligo della vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 sino al 31 dicembre 2021.
Il termine di efficacia della misura è stato, poi, prorogato più volte, tramite disposizioni novellatrici del citato art. 4; dapprima, di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021 [ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. b), del d.l. n. 172 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 3 del 2022] e, quindi, sino al 31 dicembre 2022 [in forza dell’art. 8, comma 1, lett. a), del d.l. n. 24 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 52 del 2022].
Lo stesso comma 1 dell’art. 4 dispone che la “vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione”.
L’esenzione dalla vaccinazione obbligatoria o il suo differimento può aversi soltanto “in caso in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale” (art. 4, comma 2).
La disposizione è stata, poi, modificata dal citato d.l. n. 76 del 2021, essendo consentita anche al medico vaccinatore l’attestazione delle condizioni di esenzione dall’obbligo vaccinale e richiedendosi che questa “avvenga comunque nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2”.
Come rilevato in modo condivisibile nelle conclusioni scritte del pubblico ministero, a dare corpo alla causa petendi non è il diritto alla salute o quello a non subire trattamenti sanitari obbligatori, ovvero ancora il diritto all’autodeterminazione, quali temi di indagine che rimangono sullo sfondo, bensì proprio il diritto all’esercizio di una attività professionale regolamentata.
Un diritto che – occorre precisare – trova, anch’esso, garanzia a livello costituzionale, sebbene non come indistinta e generale libertà di svolgere qualsiasi attività professionale, bensì tramite norme di principio (artt. 4 e 35 Cost.; e sul piano sovranazionale, l’art. 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che pone in correlazione il “diritto di lavorare” e quello di “esercitare una professione liberamente scelta o accettata”) che non lo sottraggono a condizioni e limiti fissati dal legislatore – tra cui, per l’appunto, i requisiti di accesso alla professione e di mantenimento dello status di (libero) professionista – al fine di tutelare altri interessi parimenti meritevoli di tutela (tra le altre, Corte cost., sentenze: n. 328 del 1998, n. 330 del 1999, n. 441 del 2000, n. 390 del 2006, n. 166 del 2012).
Proviamo a rendere comprensibili a tutti queste righe introduttive estrapolate dalla ordinanza n. 9654/2022.
La Corte Suprema di Cassazione ha stabilito che la giurisdizione in merito alla sospensione di un medico non vaccinato spetta al giudice ordinario ab origine, e cioè anche allorché l’accertamento dell’inadempimento vaccinale spettava alle aziende sanitarie.
Nel far ciò la Corte ha rilevato che trattasi di situazione di diritto soggettivo, in particolare quello allo svolgimento della professione di ambito sanitario, e non di interesse legittimo.
Incidentalmente, ma in modo netto, la Corte evidenzia come le Aziende Sanitarie non avessero alcuna discrezionalità – se non meramente tecnica nella ricognizione della corretta redazione del certificato da parte di chi per legge ne aveva il potere – neppure nel valutare le ragioni di esenzione dall’obbligo.
Il che significa, in definitiva, che tutte quelle sospensioni pronunciate dopo che le Aziende Sanitarie avevano rigettato dei certificati di esenzione sottoscritti dal medico di medicina generale sono tutte illegittime, con quanto ne consegue a posteriori sotto il profilo risarcitorio.
A questo punto auspico l’intervento dei legali della nostra città per approfondite valutazioni e commenti autorevoli.