“Questa non è una bistecca” e lo commentano a voce ben chiara gli allevatori di Coldiretti Arezzo, alla vigilia dell’apertura al parlamento europeo, della discussione sull’abolizione del divieto, attualmente in vigore, sulla definizione di “carne” costruita in laboratorio che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore.
Roberto Bemoccoli, vicepresidente di Coldiretti Arezzo e allevatore di suini non ha dubbi “Tutto questo è assolutamente ridicolo per noi imprenditori e per il consumatore è fuorviante, la finta carne ha un’origine completamente differente da quella che noi produciamo ogni giorno con la massima attenzione e per questo deve avere una denominazione diversa, per diversificare e dare valore al nostro lavoro.
La carne ed i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori, permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo”.
I consumatori rischiano così di trovare sugli scaffali e di mettere nel carrello della spesa finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne.
“Una strategia di comunicazione subdola con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale del nostro allevamento con il solo scopo di attrarre l’attenzione dei consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne” afferma il Presidente di Coldiretti Arezzo Lidia Castellucci”.
L’emergenza globale provocata dal coronavirus ha fatto emergere una consapevolezza diffusa e maggiore sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia.
“Ho rilasciato qualche giorno fa un’intervista a Rai News24 sulla crisi provocata dal Covid – spiega Valentino Gori dirigente di Coldiretti Arezzo, e allevatore di Chianina a Badia Tedalda – ai giornalisti ho detto che è cambiata l’attenzione delle persone verso il cibo, nonostante le difficoltà, le famiglie sono tornate a scegliere la qualità, magari acquistano meno prodotto ma eccellente perché sanno riconoscere il valore dell’alimentazione. La discussione dei prossimi giorni rappresenta per noi allevatori una vergogna assoluta. Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore. Aderiamo anche noi alla campagna voluta dal Copa-Cogeca intitolata “Questa non è una bistecca” per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio”.