Il ddl sulla legge di bilancio 2022 tra pochi giorni dopo i lavori in Commissione giungerà finalmente in Aula Parlamentare per la discussione finale e la sua approvazione entro il 31 dicembre 2021.
Dei tre grandi capitoli RdC. Fisco e Previdenza che compongono l’ossatura del ddl e che avevano creato tanti contrasti nelle file della maggioranza pare che su due di essi il RdC e il Fisco, con la mediazione di Draghi, si sia trovata un’intesa e ora ci si appresta a cercare di superare anche il terzo grande scoglio che si frappone all’approvazione della legge: quello della previdenza.
IL Rdc era probabilmente, anche per ragioni ideologiche, l’ostacolo più difficile da superare dall’esecutivo Draghi diviso dal M5S che lo considerava un provvedimento bandiera anche in ragione del maggior numero di parlamentari espressi e diverse forze della maggioranza tra cui Lega, F.I., e Italia Viva che avrebbero voluto un forte ridimensionamento di tale istituto anche alla luce dei frequenti e recenti fatti di cronaca dove molte persone, alcune addirittura affiliati di organizzazioni malavitose, ne beneficiavano illecitamente.
E’ stato trovato un accordo col mantenimento del finanziamento anche nel 2022 con il medesimo importo dell’anno 2021 ma con una implementazione dei controlli da parte della Gdf e con verifiche documentali per l’assegnazione dell’assegno effettuate ex ante e non ex post come avvenuto finora.
Inoltre, è stato deciso un “decalage” dell’assegno dopo il primo rifiuto di un lavoro da parte di un beneficiario e la sospensione dell’assegno stesso in caso di due rifiuti.
Per quanto riguarda il capitolo fiscale Lega e F.I. avrebbero voluto che gli otto miliardi di € messi sul piatto dal governo per la riduzione delle tasse andassero principalmente sul terzo scaglione quello da 28.000 a 55.000 operando una forte riduzione a beneficio del ceto medio che è stato il più tartassato negli ultimi anni e si incidesse anche in maniera consistente sulla riduzione dell’IRAP.
PD, M5S, e OO.SS. chiedevano, invece, un intervento sulle aliquote più basse per favorire lavoratori dipendenti e pensionati ritenendo che le imprese avessero già ricevuto diversi miliardi di € durante la pandemia.
Pare che si sia trovato un accordo destinando sette miliardi alla riduzione dell’IRPEF ed uno alla riduzione dell’IRAP. Le aliquote si ridurrebbero da cinque a quattro. Fino a 15.000 € l’aliquota resterebbe al 23%. Riduzione di due punti dal 27% al 25% per redditi compresi da 15.000 a 28.000 €, riduzione di tre punti dal 38% al 35% per redditi da 28.000 a 50.000 ed infine l’ultima aliquota al 43% per redditi oltre i 50.000 €.
Il terzo scoglio quello che riguarda la previdenza non è stato ancora veramente affrontato. L’unica certezza è che “quota 100” scade alla fine dell’anno e non sarà rinnovata. L’esecutivo ha imposto quota 102 (64 anni di età +38 anni di contributi), ha confermato Opzione Donna (58 anni di età le lavoratrici dipendenti e 59 le autonome + 35 anni di contributi) con l’obbligo di accettare il calcolo totalmente contributivo che determina una diminuzione dell’assegno pensionistico intorno al 25%, l’estensione di alcuni mestieri che possono accedere all’Ape Sociale, una implementazione dei contratti di espansione anche per aziende con almeno 50 unità di personale ed infine la creazione di un fondo di 550 milioni di € in tre anni per permettere l’accesso al pensionamento a 62enni di piccole aziende in crisi.
In pratica si è deciso di non decidere spostando solamente di due anni in avanti da “quota 100” a “quota 102” l’accesso al pensionamento e rinviando all’anno 2022 quella riforma strutturale che tutti si aspettavano.
Ovviamente, adesso, in Aula Parlamentare potranno essere attuate alcune modifiche, ma sostanzialmente, l’impianto della legge resterà tale e Draghi alla sua prima legge di bilancio alla guida di un governo di scopo riuscirà, nonostante il Paese sia ancora in piena pandemia, a disinnescare quelle che potevano essere delle mine sul suo cammino portando “a casa” un risultato non così scontato.
Articolo scritto da Mauro Marino
esperto in economia